Alessandro Verri

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Alessandro Verri

Alessandro Verri (1741 – 1816), letterato italiano.

Citazioni di Alessandro Verri[modifica]

  • [...] i pregi dell'intelletto eccitano spesso invidia ed anco timore siccome pericolosi, ma quelli del cuore ottengono da tutti benevolenza e lode [...].[1]
  • Morellet è un uomo buono, ma così assurdo nelle sue opinioni politiche, ch'io l'ho sentito cento volte disputare massimamente con Marmontel, ed esser ridotto a dir delle minchionerie, e finire col dire che il suo parere era fondato su una lunga meditazione in quella tal materia, e che per bene renderne conto bisognava che riandasse una lunga serie d'idee per le quali era passato, lo che non si poteva fare in conversazione. Molte volte l'ho sentito cavarsi d'intrigo così. (da una lettera al fratello Pietro Verri, Londra, 15 agosto 1767; citata in Lettere e scritti inediti di Pietro e di Alessandro Verri annotati e publicati dal dottor Carlo Casati, vol. II, Giuseppe Galli editore-librajo, Milano, 1879, p. 34)
  • Rientrai in quella per la medesima porta Capena, e quindi a manca apparvero incontanente le spaziose mura delle Terme del tristo Caracalla presso le falde dell'Aventino, solo avanzo degli splendidi ornamenti, co'quali era quel colle ricoperto. Allora incominciò il bisbiglio delle turbe, ed elle specialmente rammentavano la magnificenza di quell'edifizio, ove ben mille, e seicento seggi marmorei erano accomodati a pubblici lavacri, ove le immagini di Numi, e di Eroi sculte da'più esperti scalpelli della Grecia, erano ammirate, e degne da resistere al tempo. Or si dolevano apparirne segno niuno, come svanite in polvere, e le diroccate vestigia delle Terme contemplavano crollanti, squallide, neglette, misera testimonianza della instabilità d'ogni umana grandezza. (da Le notti romane. Al sepolcro de' Scipioni di Alessandro Verri con La vita di Erostrato dello stesso autore, dalla Tipografia di Francesco Bertini, Lucca, 1815, p. 289)
  • Mi vien detto che l'origine del sistema filosofico del Barone e del suo calore in sostenerlo venga originalmente dall'aver veduto morire la prima sua moglie [...] fra gli orrori di un'eternità di tormenti… D'allora in poi è divenuto ateista furiosissimo... (da Viaggio a Parigi e a Londra)
  • Quell'impeto che spinge l'animo nostro verso l'avvenire, e lo fa ansioso degli eventi e presago investigatore, lo respinge parimente verso il passato, bramoso di trarre dall'abisso del tempo quelle cose che vi stanno sommerse. Quindi l'umano intelletto, non mai pago ne' confini del presente per lui angusti, si lancia ne' due estremi ed aspira a vasto imperio, e tenta sempre diffondere le sue facoltà e spaziare in libere meditazioni. E però altri sogliono contemplare attoniti le maraviglie del cielo, e la grandezza delle opere divine fa loro palpitare il cuore; altri nel silenzio delle Muse trapassano le notti ricercando la dolcezza de' loro concenti; altri contemplano con soave tristezza le maestose ruine degli Imperi scaduti, e si pascono di congetture nella investigazione della tenebrosa antichità. Così per diversi modi tende lo spirito a differenti mete, ma tutte però manifestano la ingenita brama di spaziare nel mondo intelligibile e stendersi nel tempo. Che se alcuna dolcezza è grande e maravigliosa quaggiù per noi, certo ella è questa, la invenzione. Quelli pertanto che scoprono incognite regioni peregrinando, o nascoste leggi della natura filosofando, o stelle in cielo, o nuovi corpi e viventi sulla terra, o sconosciute utilità e diletti della vita, certo gustano la più squisita delizia che inebbriar possa la mente umana.[2]
  • [...] si accostò alla porta, mostrando il cielo, e aggiunse: Vedi, o fanciulla, se chi contempla questo interminabile spazio disseminato di astri infiniti, in mezzo de' quali non che Siracusa, ma tutta la terra nostra è un atomo di fango, potrà dolersi che gli manchi o l'ara de' patrj sacrifizj, o il tempio in cui adori il Nume, o l'occasione di esercitare la virtù. Quindi se la fortuna mi ha data una patria angusta, io ho prescelta questa, siccome vedi, amplissima albergatrice. Certamente, rispose Saffo, ella è adeguata a' tuoi pensieri. Oh gratissima ospite, interruppe Eutichio! i miei pensieri forse erano più grandi di Siracusa, ma divengono umili e sommessi in presenza dell'universo, perché l'intelletto non ha sufficienza a comprendere sì vasta mole, onde dopo che si è sforzato di estendersi in così ampio circuito, altro non gli rimane, che stanchezza ed ammirazione.[3]

Incipit de La vita di Erostrato[modifica]

Io Dinarco, cittadino di Epidauro, ho lungamente dubitato di scrivere quanto a mia notizia è pervenuto della vita e costumi di quel tristo, il quale stese la falce sacrilega al Santuario di Efeso, perché quella opinione prevale che egli sia stato furente, e da tale sembra in vero quella disperata risoluzione. Ma sendo io giovane quando il caso avvenne, ne intesi il romore in Atene, ove allora io soggiornava nel foro; e prima di ridurmi in patria negli anni maturi, a' quali son giunto, fui vago di raccorre per la Grecia le tradizioni di così illustre malvagio. Ragionai specialmente in Efeso con taluni, i quali lo aveano conosciuto ed udito quando aspettava in carcere il giudizio. In quella città non solo, ma da remote e molte vennero curiosi a vederlo e favellare seco, mossi dalla stranezza del suo proponimento.

Note[modifica]

  1. Da Le avventure di Saffo, libro II, cap. IX, in I romanzi, a cura di Luciana Martinelli, Longo, Ravenna, 1975.
  2. Da Le notti romane, notte quinta, colloquio primo, Al Foro, al Quirinale ed agli orti di Sallustio, a cura di Renzo Negri, Laterza, Bari, 1967, p. 188.
  3. Da Le avventure di Saffo, poetessa di Mitilene, libro III, cap. II, Il colloquio notturno.

Bibliografia[modifica]

  • Alessandro Verri, La vita di Erostrato, La Vita Felice Editore, Milano, 1994. ISBN 8886314086
  • Alessandro Verri, Viaggio a Parigi e a Londra (1766-67), in Carteggio di P. e A. Verri, Adelphi, Milano 1980. A cura di G. Gaspari.

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